È abbastanza comune vedere su terreni incolti o lungo le rive di corsi d’acqua i cespugli di buddleja, riconoscibili dalle caratteristiche infiorescenze a forma di pannocchia generalmente di colore lilla, più raramente rosa o bianche, e dalle foglie lanceolate con la pagina inferiore grigiastra disposte su steli lunghi e arcuati. Nonostante l’aspetto tipicamente disordinato delle piante selvatiche, le buddleje sono spesso coltivate nei giardini essenzialmente per due motivi: la ricca fioritura e il suo profumo dolciastro che ricorda vagamente il miele e attira fortemente gli insetti impollinatori, in particolare certi tipi di farfalle da cui l’appellativo di “arbusto delle farfalle” con il quale sono spesso conosciute.
Al genere buddleja appartengono circa un centinaio di specie, originarie principalmente dell’Asia e dell’Africa; tra queste la più diffusa nei nostri Paesi è la Buddleja Davidii presente un po’ dovunque, dalla pianura fino ai 1000 metri di altezza e oltre. La propagazione così estesa è dovuta sia all’agevole adattamento su qualsiasi tipo di terreno sia alla facilità di germinazione dei numerosissimi semi che ogni singola pianta può produrre. Questo aspetto fa sì che la buddleja sia considerata un’invasiva e in diversi contesti ne è vivamente sollecitato il controllo, al fine di evitare il danneggiamento dell’habitat naturale delle piante autoctone.
La coltivazione in giardino non presenta alcuna difficoltà, trattandosi di una pianta rustica che sopravvive anche a temperature basse, fino a 15-20 gradi sotto lo zero, e richiede essenzialmente una buona esposizione al sole e innaffiature solo quando il terreno è troppo asciutto. Ciò a cui occorre rivolgere l’attenzione è proprio la tendenza a estendersi nelle aree adiacenti a scapito delle-altre colture. Per evitare ciò è anzitutto necessario eliminare le pannocchie sfiorite prima che vadano a seme; poi è anche importante la potatura, da effettuarsi a inizio primavera, con il duplice scopo di mantenere una forma compatta e ordinata e dare più spazio ai nuovi getti eliminando quelli più secchi e ormai con scarso potere vegetativo.
Silvio della Casa




