Il counselling per scongiurare la crisi famigliare

La diagnosi di Sclerosi Sistemica, così come per altre malattie ad andamento cronico, costituisce un evento critico che difficilmente può essere considerato come puramente individuale. L’esperienza dell’individuo affetto da Sclerosi Sistemica è contrassegnata non solo dalla connotazione personale che la malattia inevitabilmente acquista, ma anche da quella sociale e culturale. Si creano, infatti, difficoltà profonde, non solo per chi riceve la diagnosi, ma anche per gli altri membri della famiglia. è raro che il paziente entri da solo nella malattia, dato che tutta la famiglia ne risente immediatamente le conseguenze:

la malattia, infatti, costituisce un evento critico che costringe il gruppo familiare a dover rivedere l’equilibrio tra i bisogni di ciascun membro, a ristrutturare i patterns comportamentali e relazionali e riorganizzarsi internamente al fine di favorire i processi di coping (fronteggiamento della malattia) e di adattamento. Quando un familiare si ammala questo evento influisce in modo inevitabile su tutta la famiglia sconvolgendo le normali abitudini e alterando il normale equilibrio familiare. Dopo una prima fase di sbigottimento e di incredulità, che segue sempre la scoperta della malattia, subentra un difficile periodo durante il quale il paziente deve entrare in contatto con le strutture ospedaliere ed iniziare la cura; è in questo periodo che i familiari devono svolgere un ruolo determinante nell’assistenza del malato e quindi modificare alcuni ruoli e cambiare anche molte abitudini.

Naturalmente i caratteri delle persone, le loro storie personali, i ruoli, le età e tanti altri fattori avranno un peso nel determinare una certa atmosfera, ma è indubbio che una malattia cronica, come la Sclerosi Sistemica, è un evento che colpisce pesantemente tutta la famiglia. L’esperienza d’impotenza e la sensazione di non poter essere d’aiuto rispetto all’esperienza della malattia costituiscono per i familiari gli aspetti emotivamente più gravosi da affrontare. Ma sono soprattutto i partner a condividere molti dei problemi fronteggiati dai pazienti, inclusi i cambiamenti nel ruolo, nelle abitudini di vita e nella relazione stessa e spesso sono loro ad assumere il ruolo di caregiver (colui che si prende cura del paziente). Le modificazioni estetiche connesse alla malattia, in particolare nei pazienti di giovane età, possono modificare la percezione che il partner sano ha della relazione, in particolare nella gestione dell’intimità sessuale ed emotiva. I modi con cui i membri di una coppia reagiscono all’evento stressante della malattia riflettono, oltre che le caratteristiche personali, anche quelle della relazione stessa.

Un rapporto solido e soddisfacente risulta, insieme ad una rete sociale ampia ed alla capacità del caregiver di prendersi cura anche di se stesso, un fattore di protezione rispetto alla fatica e alla sofferenza legate al ruolo assistenziale. Naturalmente lo stato di salute e lo stato psichico del paziente svolgono un ruolo chiave nel compito dell’assistenza, che diventa sicuramente più gravosa se si accompagna anche ad uno stato depressivo del malato oltre che al peggioramento delle sue condizioni fisiche. Pertanto si può dire che il carico soggettivo e la salute mentale dei caregiver da un lato, e le condizioni fisiche e psichiche del malato dall’altro, sono interdipendenti e spesso i livelli di sofferenza psicologica sono addirittura più marcati tra i familiari che tra gli stessi ammalati.

In sintesi la crisi familiare dipende da molti fattori, alcuni legati alla malattia, altri legati alle dinamiche familiari ed altri legati all’ambiente. Dato che i bisogni espressi dai caregivers, non diversamente dai pazienti, riguardano aspetti psicologici, informativi e talvolta di supporto pratico, si è riscontrato che tre tipi di intervento hanno dimostrato di avere un impatto decisivo sul benessere della famiglia: un programma di assistenza domiciliare; interventi da parte del personale sanitario che preparino il familiare del paziente ad affrontare la malattia; interventi di supporto psicologico (counselling).

Il counselling con la famiglia si prefigge di dare sostegno e contenimento alla persona malata e ai suoi familiari durante tutto il decorso della malattia, aiutandoli, nei momenti di crisi, a riacquistare la sensazione di controllo sugli eventi; mobilitare le risorse presenti all’interno del paziente e del suo nucleo familiare così da metterli nelle condizioni di poter affrontare, nel modo più evolutivo possibile, la malattia e le sue implicazioni; attivare le reti di supporto sociale alla famiglia (servizi territoriali, associazioni di volontariato, parenti, amici); aiutare l’intero sistema familiare ad adattarsi all’evento “malattia” – e a trovare, quindi, un nuovo equilibrio – favorendo la ridistribuzione di ruoli e funzioni, il cambiamento della gerarchia di potere e la ridefinizione delle regole di relazione tra i suoi membri; favorire la riorganizzazione dei sistemi di comunicazione e migliorare la qualità dei flussi comunicativi; facilitare l’espressione e la condivisione di pensieri ed emozioni, nella comprensione dei significati individuali che la situazione assume per il paziente e i singoli membri della famiglia.

Il counselling rivolto alla coppia si propone di rinsaldare i legami affettivi e rassicurare il paziente che teme il distanziamento emotivo del partner, finanche il tacito tradimento affettivo o fisico; sostenere il coniuge sano nell’impegno emotivo e strumentale quotidiano, favorendo il superamento dei sentimenti di inadeguatezza riguardo la capacità di aiutare il proprio partner ad affrontare la malattia e di gestire le nuove responsabilità che da questa derivano: scoraggiare atteggiamenti di iperprotettività e ipercontrollo nel coniuge sano che possono relegare a un ruolo passivo e dipendente il coniuge malato; aiutare la coppia a superare tensioni e difficoltà relazionali insorte con la malattia e a risolvere conflitti precedenti ad essa; affrontare i disagi nella sfera sessuale e i vissuti correlati ai cambiamenti estetici facilitare il dialogo di coppia, favorendo la condivisione tra i partner di opinioni ed emozioni sulla malattia per evitare l’isolamento affettivo.

Dott.ssa Anna Lalli,  Responsabile SSD Psicologia Clinica Ospedaliera. AUSL1 Massa-Carrara
Tratto da “Il Quaderno della Sclerosi Sistemica Appuni e Note”

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