La sepsi è una rara complicazione di un’infezione, le cui conseguenze possono essere molto gravi e mortali. Consiste in una risposta infiammatoria eccessiva dell’organismo a un’infezione generalizzata che danneggia tessuti e organi compromettendone il funzionamento.
I primi sintomi sono febbre elevata o abbassamento della temperatura corporea, brividi, aumento del battito cardiaco e della frequenza respiratoria. La sepsi può portare a shock, insufficienza multiorgano e morte, soprattutto se non riconosciuta e trattata prontamente.
Nel mondo si verificano ogni anno circa 47-50 milioni di casi, l’80% dei quali avvengono al di fuori di un ospedale. Il 40% dei casi di sepsi sono bambini di età inferiore ai 5 anni. Globalmente, 1 decesso su 5 è associato a sepsi, e causa almeno 11 milioni di decessi l’anno.
La maggior parte dei pazienti che sopravvivono alla sepsi si riprende completamente, mentre altri possono affrontare conseguenze a lungo termine. Il recupero per queste persone può richiedere mesi o anni. Gli effetti post-sepsi, spesso chiamati sindrome post-sepsi o sintomi post-sepsi, possono presentare conseguenze molto diverse, che a volte compaiono anche dopo anni. La letteratura scientifica dimostra infatti che gli effetti a lungo termine della sepsi si verificano fino al 50% dei sopravvissuti alla sepsi, che soffrono di sequele fisiche, cognitive e psicologiche persistenti.
Nel periodo pandemico attuale, esperti internazionali hanno evidenziato l’importanza di riconoscere che i pazienti critici con COVID-19 hanno sepsi virale. Infatti, i pazienti che sopravvivono ad altre forme di sepsi subiscono effetti negativi a lungo termine simili a quelli dei pazienti con “long-COVID” o “COVID a lungo termine”, sebbene non siano ugualmente ben riconosciuti.
E’ importante quindi mantenere viva l’attenzione su una malattia così diffusa per poterne diffondere l’informazione e stimolare la sensibilizzazione dell’opinione pubblica.